Roma, 20 aprile 2016 – Ufficio Stampa On. Fabio Porta
Il Presidente del Comitato degli italiani nel mondo osserva con attenzione il dibattito in corso sulla riforma pensionistica e garantisce il suo impegno a favore dei diritti previdenziali delle nostre collettività residenti all’estero
Nei prossimi mesi avremo un quadro più chiaro della riforma pensionistica che il Governo italiano sta studiando per anticipare l’età pensionabile e liberare quindi posti di lavoro per i giovani. La riforma, sempreché sarà varata, inciderà molto probabilmente anche sulle pensioni in convenzione internazionale che in futuro saranno erogate ai nostri emigrati . Il Governo sta cercando, anche per le forti pressioni dell’Inps di Tito Boeri, di rendere possibile il pensionamento prima degli attuali 66 anni e sette mesi (stiamo parlando ovviamente delle pensioni di vecchiaia, perché per quelle di anzianità difficilmente verranno toccate le anzianità contributive ed anagrafiche). L’idea è quella rivedere alcuni criteri della legge Fornero ed anticipare di alcuni anni l’età pensionabile prevedendo tuttavia una penalizzazione – importo più basso – gradualmente crescente in funzione degli anni di anticipo. Si tratta di una strada che alcuni analisti ritengono difficilmente percorribile per gli alti costi, le regole di contabilità nazionale e i vincoli dei patti europei sul deficit che verrebbe a crearsi nei primi anni di applicazione (a lungo termine invece i risparmi futuri compenserebbero le spese immediate). L’eventuale anticipo dell’età pensionabile dovrebbe essere automaticamente esteso anche alle pensioni in regime internazionale in virtù delle norme in vigore e della prassi generalmente adottata in questi casi. Un’altra ipotesi invece di riforma in discussione che purtroppo sarebbe di difficile se non impossibile applicabilità alle pensioni in convenzione è quella del prestito bancario. Si sta pensando infatti di permettere a un lavoratore al quale mancano pochi anni dal pensionamento di andare in pensione anticipata con una penalizzazione che potrebbe arrivare addirittura al tre o quattro per cento per ogni anno di anticipo e con un assegno mensile che verrebbe erogato da una banca come se fosse un prestito con l’Inps che farebbe da garante. Al momento del raggiungimento dell’età pensionabile l’assegno pensionistico verrebbe pagato dall’Inps e il pensionato incomincerebbe a restituire a rate il prestito alle banche. Questo meccanismo non avrebbe alcun impatto sui conti pubblici ma sarebbe, secondo noi, praticamente inapplicabile ai pensionati residenti all’estero. Una ulteriore ipotesi sarebbe quella di estendere agli uomini la regola dell’”opzione donna” , introdotta da poco, che prevede di andare in pensione con almeno 57 anni di età e 35 di contributi ma con l’importo della pensione calcolata esclusivamente con il metodo contributivo e quindi più basso (quest’ultima ipotesi potrebbe essere estesa anche alle pensioni in convenzione). Infine non ci sono ancora notizie certe sulla norma, ribadita dal Documento di Economia e Finanza recentemente presentato alla Camera, che prevede la razionalizzazione delle prestazioni assistenziali e previdenziali legate al reddito con il reale rischio (più volte preannunciato) dell’eliminazione delle prestazioni erogate all’estero come le integrazioni al minimo, le maggiorazioni sociali e gli assegni familiari. Abbiamo più volte denunciato il pericolo e stigmatizzato che un’operazione del genere penalizzerebbe proprio le categorie di pensionati e pensionandi meno agiati i quali vivono per la maggior parte in America Latina. Sarà tuttavia mia premura prioritaria vigilare l’attività del Governo su questi temi e sollecitare in tutte le sedi la mia proposta di legge che prevede invece l’aumento dell’importo minimale delle pensioni in convenzione (da 12 a 25 euro per ogni anno di contribuzione fatto valere in Italia) per restituire dignità e giustizia al lavoro e ai sacrifici di tanti nostri connazionali.