L’eco del grande Umberto

A 90 anni dalla nascita il pensiero di Umberto Eco continua a interrogarci

Se fosse vivo, oggi Umberto Eco avrebbe novanta anni; ci ha invece lasciato sei anni fa, il 16 febbraio del 2016. Pochi intellettuali hanno inciso come lui nella cultura italiana dell’ultimo mezzo secolo; filosofo, semiologo e infine scrittore universalmente conosciuto, Eco è stato soprattutto un curioso e attento studioso dei mezzi di comunicazione di massa e della loro influenza sui comportamenti umani.

Pochi mesi prima di morire, in una lectio magistralis tenuta all’università di Torino, scatenò un ampio dibattito pubblico affermando: “I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli”. Molti furono coloro che insorsero contro quella che ritennero un’arrogante manifestazione di cultura elitaria da parte del professore, forse non avendo neppure percepito il senso di quella sua semplice constatazione.

Per Eco il web sarebbe un vero e proprio “dramma” perché promuoverebbe “lo scemo del villaggio a detentore della verità”. La struttura di internet favorirebbe infatti il proliferare delle cosiddette “bufale”, notizie false o inverosimili amplificate dai mass media. Volendo individuare un rimedio a tale pericolo, Eco rilancia il ruolo dei giornali, assegnando loro il compito di “filtrare con équipe di specialisti le informazioni di internet perché nessuno è in grado di capire oggi se un sito sia attendibile o meno”. Per fare questo “i giornali dovrebbero dedicare almeno due pagine all’analisi critica dei siti, così come i professori dovrebbero insegnare ai ragazzi a utilizzare i siti per fare i temi”, ha detto Eco riferendosi al fenomeno della copiatura dal web.

Al grande pensatore italiano, però, non sfuggivano le grandi potenzialità della rivoluzione del web nonché i suoi effetti positivi sulla società; il libero accesso dal basso a un medium universale — disse Eco sempre in quel famoso discorso torinese — “fa paura ai dittatori, i social hanno messo in difficoltà i dittatori arabi, Erdogan e i cinesi, e probabilmente, se fosse già esistita la Rete, Hitler avrebbe fatto fatica a tenere nascosta l’esistenza di Auschwitz”. Non solo. L’imbecillità social avrebbe un sistema di difesa intrinseco.

Umberto

Nel suo ultimo ormai storico discorso denunciò “l’invasione degli imbecilli” sui social media

“Oltre un certo limite si crea una sindrome di scetticismo, la gente non crederà più a quello che dice Twitter. All’inizio grande entusiasmo, poi cominceranno a dire: dove l’hai letto? L’ha detto Twitter? Quindi, tutte balle”.

Non accadrà da sé, ovviamente. Ci vuole la tenacia degli astanti intelligenti. La resistenza della ragione. “La difesa istintiva del pubblico: può avvenire su Internet? Dipende solo dalla capacità critica di chi ci naviga”. Lo scemo del villaggio non trionfa mai per forza propria, ma solo per debolezza del sensato del villaggio. Riflessioni e pensieri profondi e attualissimi, che ciascuno di noi potrebbe e forse dovrebbe coniugare con le innumerevoli situazioni che il web ci propone quotidianamente.

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