In italia la destra presenta una legge per limitare la cittadinanza ‘ius sanguinis’

Grande scalpore e preoccupazione ha destato, soprattutto nella grande comunità italiana del Brasile, la presentazione in Senato italiano di una proposta di legge del centro-destra, a firma del Senatore Roberto Menia: si tratta di una legge che introdurrebbe limitazioni alla cittadinanza italiana per i discendenti.

Se è vero, come i lettori di ORIUNDI sanno bene, che non è la prima volta che nel Parlamento italiano vengono presentati emendamenti o proposte di legge che tendono a introdurre limiti per la trasmissione della cittadinanza ‘ius sanguinis’, è altrettanto vero che in questo caso siamo di fronte a qualcosa di inedito che merita un supplemento di attenzione.

Ho ricevuto centinaia di emails e messaggi e mi permetto di utilizzare le colonne di ORIUNDI per esprimere qualche mie brevi considerazioni.

In primo luogo sul piano politico, un aspetto per nulla irrilevante della questione (non meno di quello giuridico) ma poco evidenziato nelle dichiarazioni e interventi letti finora sulle agenzie di stampa.

Durante la ultima campagna elettorale sono stato attaccato violentemente dai candidati del centro-destra proprio su questo punto: il Partito Democratico veniva indicato come il partito delle limitazioni allo ‘ius sanguinis’ e i partiti del centro-destra (Lega, Fratelli d’Italia, Forza Italia) come quelli della strenua difesa di questo diritto.

Ho sempre detto che non era così e che la proposta del mio partito era quella di “allargare” e non di “restringere” l’accesso alla cittadinanza. E che spesso si faceva una voluta e strumentale confusione tra la proposta dello IUS CULTURAE (o IUS SCHOLAE) avanzata dal PD e una parallela (ma non prevista dalla nostra proposta di legge) limitazione dello IUS SANGUINIS.

La proposta presentata dal Senatore Menia conferma questa mia tesi e smentisce proprio coloro che mi hanno attaccato nel corso degli ultimi anni.

Ho sempre sostenuto, inoltre, che a favore della limitazione generazionale alla trasmissione della cittadinanza esisteva uno schieramento trasversale, presente in tutti i partiti e movimenti, sostenuto in primo luogo dalla grande maggioranza dei diplomatici del Ministero degli Esteri.

Altra considerazione, sempre di carattere politico: Roberto Menia non è un parlamentare qualsiasi; è l’erede morale del Ministro Tremaglia e il Responsabile italiani nel mondo di Fratelli d’Italia, che a sua volta è il primo partito italiano e – soprattutto – il partito della Presidente del Consiglio Giorgia Meloni; non solo, il Senatore Menia è anche il Vice Presidente della Commissione Affari Esteri del Senato.

Ossia, siamo di fronte ad un personaggio importante dello schieramento di maggioranza che sostiene il governo di Giorgia Meloni.  La proposta di Menia, poi, è stata rilanciata proprio nel corso della prima assemblea del Consiglio Generale degli Italiani all’Estero dal Consigliere Ferretti e nel mio intervento in quella assemblea ho preso atto di questa iniziativa del centro-destra dichiarandomi contrario e proponendo invece una riflessione su una cittadinanza aperta, inclusiva e intelligente (che risponda alla recessione demografica e allo spopolamento in corso nel Paese).

Faccio anche notare che la proposta del Senatore Menia è stata ufficializzata nel corso di un convegno alo Senato al quale hanno partecipato tutti i consiglieri del centro-destra del CGIE e i principali rappresentanti di questi partiti tra gli italiani nel mondo.

Ciò che voglio dire, quindi, è che se da una parte non dobbiamo seminare il panico confondendo una semplice proposta di legge con una legge in fase di approvazione, dall’altra mi paiono fuori luogo i tentativi di minimizzare quanto accaduto proprio per le ragioni sovraesposte.

Una riflessione seria sulla cittadinanza, e anche sulle sue criticità, va comunque fatta e sostenuta in tutte le sedi opportune, senza steccati ideologici nè giudizi precostituiti o stereotipati (e anzi lavorando insieme, destra e sinistra, per l’inclusione degli italiani all’estero e degli stranieri in Italia nel nostro sistema sociale ed economico).

Possono e devono essere introdotti correttivi che mirano a valorizzare il legame culturale e linguistico tra l’Italia e i nuovi cittadini, elementi che non necessariamente sono legati al dato generazionale come l’esperienza ci conferma ogni giorno.

Dobbiamo semmai coinvolgere la società politica e civile italiana in una discussione aperta e lungimirante su come attrarre verso il nostro Paese energie nuove, anche tra i nostri discendenti all’estero (non solo tramite la cittadinanza ma, per esempio,  favorendo un appropriato sistema di visti e permessi per studio e lavoro).

Io ho iniziato a farlo convocando qualche settimana fa le forze politiche, sociali e associative al convegno su “Italicità, Cittadinanza, Diaspora e Sviluppo”, dove ho sviluppato in maniera seria e innovativa il tema.   Spero che tutti abbiano lo stesso intuito e che lavorino con lo stesso spirito costruttivo, per il bene dell’Italia e del suo rapporto con le nostre grandi collettività nel mondo.

Fabio Porta  è eletto deputato per il Sud America alla Camera dei Deputati d’Italia; Coordinatore del Partito Democratico (DP) in Sud America; presidente del gruppo parlamentare “Amicizia Italia-Brasile dell’Unione Interparlamentare e dell’Integruppo Expo 2030. Autore di numerose pubblicazioni e articoli per giornali italiani e stranieri, è Presidente dell’Associazione di Amicizia Italia-Brasile; Vice Presidente dell’ICPE (Istituto per la Cooperazione con i Paesi Esteri) e Vice Presidente dell’Associazione Focus Europe.

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