“Aiutateci a salvare vite umane”: è questo il senso più profondo delle parole che l’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza europea, Federica Mogherini, ha rivolto al Consiglio di sicurezza dell’ONU per richiedere l’autorizzazione ad intervenire nelle acque libiche per contrastare le organizzazioni criminali che speculano sulla speranza di milioni di persone di abbandonare scenari di guerra e di povertà, a rischio anche della loro vita. E, citando Papa Bergoglio, ha aggiunto: ”Aiutateci a non farci vergognare”.
Abbiamo più volte detto come respingere i migranti che fuggono dalle guerre sia un atto contro i diritti umani e ignorare le disperate richieste di soccorso di gente in pericolo di vita sia un atteggiamento di cinismo incompatibile con il dovere di solidarietà e di tutela della vita delle persone. Atti tanto più gravi e ripugnanti se provenienti da Paesi con una forte tradizione emigratoria, come sono quelli europei che si affacciano sul Mediterraneo.
L’Italia finora è stata lasciata sola di fronte ad un compito immane, anzi è stata indotta da una cinica Europa a sostituire il Programma Mare Nostrum, che prevedeva anche il salvataggio in mare, con il Frontex, che privilegiava la difesa delle frontiere e la sicurezza. Con mente sgombra da inaccettabili propagandismi, va dato atto alle maggiori autorità istituzionali – Mattarella, Renzi, Alfano -, religiose – Papa Bergoglio e la Caritas -, europee – in primis Federica Mogherini – di essere riusciti a trasformare in breve l’orrore e lo sgomento delle tragedie in volontà di reazione e in costruzione di efficaci ipotesi di intervento.
Se il coinvolgimento del Consiglio di sicurezza dell’ONU si presenta oggi come una concreta possibilità, questo è dovuto al fatto che i Paesi europei siano stati indotti a prefigurare un piano d’intervento che prevede l’aiuto ai paesi d’origine e di transito dei migranti, un migliore controllo delle frontiere dei paesi contermini alla Libia, il contrasto delle organizzazioni criminali dei trafficanti d’uomini e la ripartizione proporzionale dei richiedenti asilo tra tutti i membri dell’UE. La questione più delicata sul piano politico è quest’ultima, naturalmente,ma il fatto stesso che la si sia potuto porre in termini realistici significa che un passo in avanti si è realmente fatto e che le autorità italiane sono riuscite ad essere determinate e credibili in una materia così complessa e difficile.
Per quanto ci riguarda come eletti, non smetteremo di cogliere ogni occasione in ambito parlamentare per chiedere coerenza tra le politiche di intervento e l’idea, quasi una stella polare, che le migrazioni sono un elemento strutturale della contemporaneità e possono diventare un fattore di sviluppo per i Paesi che ne sanno fare un uso virtuoso.
C’è però anche un altro aspetto, non meno rilevante, che ci vede testimoni di una tradizione emigratoria che ha legato con un filo rosso la vicenda unitaria dell’Italia. Gli italiani, né più né meno di altri popoli europei, sono esposti ai rischi della xenofobia e del rigetto, alimentati dalla propaganda rozza e opportunistica di una destra becera e antieuropeistica. Cadere in queste trappole significherebbe negare il senso della nostra storia sociale e chiudersi di fronte alle opportunità che la presenza degli italiani nel mondo offre ai fini del rilancio internazionale del nostro Paese. Far capire queste cose è compito della buona politica, ma anche della cultura e dell’informazione. Per questo, non ci stanchiamo di chiedere una maggiore “informazione di ritorno” sull’italianità nel mondo e una formazione di base nelle scuole che tenga conto della storia delle migrazioni come un elemento essenziale di conoscenza e di confronto con la contemporaneità.
I Deputati PD Estero: Farina, Fedi, Garavini, La Marca, Porta, Tacconi