Elezioni 2018: il punto di Fabio Porta sulla situazione di un broglio su “scala industriale”
Una vita dedicata alle comunità italiane all’estero, tanto da non poter non essere scelto come candidato per la circoscrizione Estero. Eletto nella ripartizione America Meridionale e Centrale per la prima volta nel 2008 e riconfermato nel 2013 con oltre 30mila preferenze, quasi il doppio del 2008. Un impegno riconosciuto e apprezzato quello dell’Onorevole Fabio Porta alla Camera dei Deputati, che l’ha portato a ricoprire anche la carica di Presidente del Comitato permanente Italiani nel Mondo e Sistema Paese.
Poi, nel 2018, la scelta di candidarsi al Senato, con un risultato che ha lasciato a dir poco stupiti: Fabio Porta non è risultato tra gli eletti. Immediatamente è partito il ricorso, e qualche tempo fa, in occasione di una conferenza stampa, Porta ha fatto il punto sia sul ricorso sia sulle due denunce presentate alle procure della Repubblica Italiana e Argentina. Ed è proprio l’Onorevole Fabio Porta, attualmente Coordinatore del PD in Sud America e Presidente dell’Ital-Uil Brasile, a ripercorrere le motivazioni delle sue denunce e a fare il punto sulla situazione “brogli”.
“Il ricorso è attualmente pendente presso la Giunta per le elezioni del Senato – spiega Porta – la commissione parlamentare responsabile per confermare o meno la legittimità dell’elezione di un candidato. Si tratta dell’unico ricorso presentato e ancora in fase di trattazione al Senato per la circoscrizione Estero. Dopo quasi due anni dal voto, per la complessità di un ricorso accompagnato da un esposto alla Procura di Roma e da una denuncia in Argentina, la Giunta non si è ancora espressa in maniera definitiva in un senso o in un altro. Confido che nelle prossime settimane, anche grazie ad una ‘memoria’ redatta dai miei legali e presentata al Presidente della Giunta, si possa arrivare ad una definizione, ossia alla verifica delle sezioni elettorali incriminate e all’annullamento dei voti sospetti, con la conseguente assegnazione del seggio del Senato in Sudamerica al Partito Democratico”.
Quali sono i punti che ha evidenziato nel ricorso?
“Il ricorso è molto preciso e circoscritto: durante lo scrutinio della circoscrizione Estero a Castelnuovo di Porto, sono emersi forti sospetti relativamente ad alcune sezioni di Buenos Aires, tanto da indurre il Partito Democratico a presentare un tempestivo esposto alla Corte d’Appello di Roma prima ancora che lo scrutinio fosse concluso. Successivamente ho avuto accesso ai verbali di quelle sezioni e ho potuto constatare che anche i presidenti di alcune di quelle sezioni avevano denunciato l’esistenza di schede elettorali votate dalla stessa mano e dalla stessa matita. Il ricorso ha segnalato 15 sezioni della circoscrizione elettorale di Buenos Aires, su circa un centinaio, dove il candidato Adriano Cario ottiene oltre il 90% dei voti, un dato del tutto anomalo e incongruente se rapportato al resto delle sezioni di Buenos Aires e dell’Argentina. Altre 14 sezioni anomale, dove il risultato dello stesso candidato supera l’80% dei voti, sono state indicate alla Giunta. Si tratta quindi di un totale di 29 sezioni caratterizzate da una abnorme concentrazione di voti per un solo candidato, apparentemente espressi da una stessa mano”.
Insieme con Alberto Becchi, anche lui candidato alle ultime elezioni, avete chiesto il riconteggio delle schede: cosa può dirci in merito?
“Insieme ad Alberto Becchi, che ringrazio per la solidarietà in questa battaglia, abbiamo presentato denunce in Italia e Argentina, dando continuità all’esposto presentato in Corte d’Appello dal PD e confortati dai tanti che fin dal primo momento ci avevano espresso la stessa indignazione e lo stesso stupore per quel risultato anomalo e sorprendente, primo tra tutti l’attuale Sottosegretario Ricardo Merlo. Con un ricorso al TAR abbiamo anche chiesto l’accesso diretto alle schede incriminate, vere e proprie prove di un gravissimo broglio che chiediamo di appurare a tutela dell’onore e della dignità degli italiani all’estero”.
Ad oggi, quali sono gli esiti, le risposte alle denunce presentate in Corte d’Appello, alla Giunta per le elezioni del Senato e alla Procura di Roma?
“La Procura di Roma attende le decisioni della Giunta per le elezioni, mentre in Argentina il giudice ha accolto la nostra richiesta avviando un’azione penale avendo riscontrato l’esistenza di un reato. La responsabilità maggiore, così, ricade sui membri della Giunta per le elezioni che dovrebbe avere il coraggio e la determinazione sufficienti per andare fino in fondo ad una vicenda oscura e inquietante, una macchia che rischia di rimanere indelebile sul voto degli italiani nel mondo”.
Nelle elezioni del 2018, nella ripartizione America meridionale e centrale, per il Senato, su 102.233 votanti sono state conteggiate circa 13 mila schede non valide: come si può spiegare un così alto numero di voti andati persi?
“Non ho una risposta chiara e univoca; è certo, comunque, che si tratta di un dato preoccupante. Una percentuale di schede annullate superiore al 10 per cento va ben oltre la fisiologia di tale fenomeno. E’ molto probabile che molte schede siano state annullate per sospetti di manipolazioni, altre a causa delle complesse procedure del voto per corrispondenza, non sempre chiare e comprensibili per tutti”.
Ad ogni consultazione, torna di estrema attualità, per il voto “estero”, la mancanza dei requisiti sanciti dalla Costituzione: “personale ed eguale, libero e segreto”, nonché quello della “sicurezza” delle modalità del voto per corrispondenza, come ha appena affermato, non sempre chiare e comprensibili: quali sono le sue proposte affinché queste motivazioni non siano il pretesto per vere e proprie campagne denigratorie?
“Tutti i sistemi di voto sono potenzialmente vulnerabili, soprattutto in un contesto come quello estero, fuori dal sistema di regole e controlli vigenti all’interno dei confini nazionali. Dico questo per ribadire che l’individuazione dei brogli e la punizione esemplare dei responsabili costituirebbero l’antidoto migliore per evitare il ripetersi di simili epi sodi e tutelare la piena legittimità del voto all’estero.
Ciò detto, è chiaro che dopo oltre dieci anni di esperienza dovremmo essere in condizione di introdurre correttivi utili a disincentivare, se non a eliminare del tutto, la riproposizione di simili episodi. Il ‘codice a barre’, introdotto nelle ultime elezioni, andrebbe per esempio utilizzato per tracciare effettivamente il percorso della scheda e non solo per impedire la consegna di una seconda scheda a chi l’ha già ricevuta; vanno ridotti i tempi di giacenza delle schede presso gli uffici postali e garantita una effettiva “custodia” dei plichi presso i consolati e le poste; la stampa delle schede dovrebbe essere fatta in Italia e tutte le fasi di votazione all’estero andrebbero supervisionate da un apposito ‘Comitato Elettorale’.
Sono solo alcuni dei possibili accorgimenti che contribuirebbero a rendere il voto per corrispondenza più trasparente e sicuro. So che i partiti in Parlamento stanno lavorando ad alcune proposte in tal senso; il Presidente del Consiglio Conte disse nel suo discorso programmatico che questa era una delle sue priorità. Purtroppo sono già trascorsi due anni dalle ultime elezioni e nulla si è mosso, né sul ricorso e tantomeno sulla legge di modifica del voto all’estero”.
Si è detto che se si fosse ricandidato alla Camera, sarebbe stato sicuramente eletto: perché la scelta di candidarsi al Senato? Era consapevole dei rischi? Ricordiamo anche che comunque ha ottenuto circa 21mila preferenze…
“Se avessi mantenuto la mia candidatura alla Camera, sarei stato eletto con la metà dei voti che ho ottenuto presentandomi al Senato. Ho scelto il Senato pensando alla soluzione migliore per il mio partito e non per me stesso. Candidandomi al Senato favorivo la composizione della lista, nel complesso equilibrio tra candidati di Paesi diversi del Sudamerica. Era l’unica maniera di conciliare le richieste che provenivano dalla segreteria nazionale del PD con una distribuzione equilibrata delle candidature tra Camera e Senato. Ho sempre anteposto gli interessi collettivi a quelli personali, e anche in questo caso ho agito in questa maniera. Non so quanti avrebbero fatto la stessa cosa, al mio posto. Ero consapevole del rischio che correvo, anche se, lo ammetto, non avevo messo in conto la possibile organizzazione di un broglio elettorale di oltre diecimila voti. Un broglio in ‘scala industriale’, come ho avuto già occasione di definirlo”.
Lei è stato tra i parlamentari eletti all’estero più rispettati e impegnati, ma è naturale pensare che i problemi relativi alla segretezza, trasparenza del voto per corrispondenza, sono sempre stati messi in discussione; da parlamentare, come ha reagito e cosa poteva fare per il sospetto dei brogli delle elezioni del 2008?
“Anche nel 2008 il Partito Democratico perdette il seggio al Senato in Sudamerica, all’epoca il candidato era il senatore Pollastri, a causa di probabili brogli elettorali; una situazione analoga a quella verificatasi dieci anni dopo, questa volta a mio danno. Dopo quanto accadde nel 2008, fui tra i primi a denunciare l’esistenza di possibili brogli, anche a seguito dell’apertura di una inchiesta dell’allora Procuratore di Roma Giancarlo Capaldo. Purtroppo anche in quella occasione il ricorso, presentato dal senatore Pallaro, fu archiviato e l’inchiesta finì in un binario morto. Io non rimasi con le mani in mano e continuai a denunciare la gravità di quei brogli che, anche in quel caso, falsarono il risultato elettorale togliendo un seggio al PD a favore di un altro partito.
Dopo le mie dichiarazioni mi presi anche una querela da parte dell’ex senatore Caselli, ovviamente senza conseguenze nei miei confronti. Voglio ricordare, per chi non lo sapesse, che dopo cinque anni dalla sua prima ‘elezione’ il senatore Caselli passò dalle cinquantamila preferenze del 2008 a… poco più di cinque mila preferenze nel 2013, dieci volte meno dopo 5 anni di mandato! Un dato che non ha bisogno di ulteriori commenti. Ecco, con il senno di poi, dopo dieci anni da quella vicenda avrei dovuto essere più accorto. Purtroppo, a differenza del 2013, quando le elezioni in Sudamerica si svolsero senza particolari problemi, nel 2018 la storia si è ripetuta, anche a causa di un certo allentamento di tensione da parte delle autorità diplomatico-consolari”.
di GIOVANNA CHIARILLI