Sono tre anni che i contribuenti italiani residenti all’estero i quali producono almeno il 75% del loro reddito in Italia (titolari di redditi da lavoro dipendente e/o assimilati) sono stati privati delle detrazioni per figli a carico di età inferiore ai 21 anni (e anche dell’Assegno al nucleo familiare) ma nonostante le continue proteste di migliaia di nostri connazionali colpiti da questo ingiusto provvedimento nulla finora è stato fatto da questo Governo per sanare la situazione.
Giova ricordare che in seguito ad alcune modifiche al nostro sistema fiscale introdotte fino al 2016 i soggetti residenti all’estero in uno Stato che assicuri un adeguato scambio di informazioni possono beneficiare delle detrazioni e delle deduzioni previste dagli articoli da 1 a 23 del TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi) in forma completa, analogamente a quanto previsto per i soggetti residenti, comprese le detrazioni per carichi di famiglia, a condizione che il reddito prodotto dal soggetto nel territorio dello Stato italiano sia pari almeno al 75 per cento del reddito dallo stesso complessivamente prodotto e che il soggetto non goda di agevolazioni fiscali analoghe nello Stato di residenza.
Tuttavia – ho sottolineato nella mia interrogazione al Ministro del Lavoro – tali soggetti, che sono definiti “non residenti Schumacher”, hanno potuto usufruire delle detrazioni per figli a carico (fino ai 21 anni) solo fino a marzo del 2022 quando con l’introduzione dell’Assegno Unico tali detrazioni (insieme all’ANF) sono state eliminate sia per i residenti in Italia che per i residenti all’estero. Se da una parte però l’abolizione delle detrazioni per figli a carico (ma anche dell’assegno per il nucleo familiare) non ha comportato particolare danno per i residenti in Italia che in sostituzione si sono visti riconoscere l’Assegno unico universale, dall’altra parte invece vi sono state conseguenze economiche pesanti (da centinaia a migliaia di euro annui a soggetto) per i contrbuenti italiani residenti all’estero ai quali non sono state più concesse le detrazioni e ai quali non può essere riconosciuto l’Assegno unico universale per i figli che è subordinato alla residenza in Italia, nonostante essi paghino le tasse e la contribuzione previdenziale in Italia.
Per questo motivo e per tutelare i diritti dei nostri lavoratori e pensionati residenti all’estero ho chiesto al Ministro del Lavoro se non ritenga, in conformità con quanto disposto da regolamenti e direttive comunitarie sull’esportabilità delle prestazioni e da numerose sentenze della Corte di Giustizia europea e alla luce delle recenti procedure di infrazione contro l’Italia da parte della Commissione europea, che l’Assegno unico universale sia concesso anche ai cittadini italiani residenti all’estero i quali pagano oltre il 75% delle imposte sul loro reddito complessivo in Italia e non sono percettori di analoghe prestazioni all’estero e che, inoltre e comunque, non sia opportuno con uno specifico provvedimento legislativo ripristinare per gli stessi “non residenti Schumacher” il diritto, revocato dal 1° marzo 2022, alle detrazioni per figli a carico di età inferiore ai 21 anni (e alla concessione dell’assegno al nucleo familiare).
Fonte: Ufficio Stampa On. Fabio Porta