Porta (PD): Le pensioni degli italiani all’estero in attesa della finanziaria

Se gli interventi sulle pensioni previsti dalla Legge di Bilancio per il 2025 avranno importanti ripercussioni sui diritti previdenziali dei nostri connazionali all’estero lo sapremo al momento del varo della manovra atteso per gli inizi di novembre.

Tra le tante ipotesi di riforma sembra certo, risorse disponibili permettendo, un lieve aumento delle pensioni minime – che ovviamente interesserà molti nostri connazionali pensionati residenti all’estero – che dovrebbero raggiungere l’importo di circa 630 euro (640 nelle più ottimistiche previsioni), compresa la perequazione automatica. La promessa quindi di aumentare le pensioni minime a 1.000 euro rimane invece un miraggio della precedente campagna elettorale delle attuali forze di Governo. Non è del tutto escluso che per trovare i fondi necessari per l’aumento possa scattare una nuova stretta sulla rivalutazione delle pensioni di importo elevato, rivalutazione invece che dovrebbe essere confermata nel 2025 per i trattamenti fino a quattro volte il minimo Inps.

In attesa delle (probabilmente) poche novità, i requisiti ordinari per accedere alla pensione di vecchiaia nel sistema retributivo rimarranno sicuramente per i lavoratori dipendenti ed autonomi 20 anni di contributi – maturabili con il meccanismo della totalizzazione in regime internazionale – e 67 anni di età, assieme alla cessazione del rapporto di lavoro dipendente. Molto probabilmente anche nel 2025 si potrà andare in pensione anticipata (e cioè prima del compimento dei 67 anni) con una anzianità contributiva di 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne, perfezionabili anche questi con il meccanismo della totalizzazione dei contributi versati in Italia e all’estero. Tuttavia, per l’accesso alla pensione anticipata ordinaria è prevista una finestra mobile che fa slittare il primo rateo di pensione di 3 mesi dalla maturazione dei requisiti anche per gli italiani all’estero.

È opportuno ricordare che tra le forme di flessibilità in uscita (cioè gli anticipi di pensione) attualmente e fino alla fine del 2024 (se non ci sarà una proroga) c’è la Quota 103 per chi matura i requisiti (62 anni di età e 41 di contributi perfezionabili anche con la totalizzazione internazionale) il cui importo viene ricalcolato interamente con il sistema contributivo e con finestre mobili più lunghe (7 mesi per i dipendenti). Purtoppo per accedere a Quota 103 è prevista la cessazione del rapporto di lavoro che rappresenta un problema per i nostri connazionali all’estero che devono continuare a lavorare nei Paesi di emigrazione.

Per le donne esiste un’altra opzione per anticipare il pensionamento rispetto all’età di 67 anni ed è la cosiddetta Opzione donna che ancora non è chiaro se sarà prorogata al 2025. Opzione donna che è teoricamente applicabile anche alle lavoratrici che vivono all’estero consente alle donne di andare in pensione con 35 anni di contributi (totalizzabili) maturati entro il 31 dicembre 2024 e con 61 anni di età (scontati ulteriormente se si hanno figli), ma con l’assegno interamente ricalcolato con il metodo contributivo (quindi penalizzante). Opzione donna è un pensionamento molto difficile da ottenere per chi risiede all’estero perché le potenziali beneficiarie devono rientrare nelle seguenti categorie: caregiver, invalide e in esubero, considerato anche che l’Inps non ha mai emanato una circolare o un messaggio su come attuare la norma per le residenti all’estero per dimostrare il possesso dei requisiti richiesti.

Esistono altre categorie di lavoratori che possono anticipare il pensionamento rispetto all’età ordinaria, come ad esempio quelli che rientrano nei lavori gravosi e usuranti, ma tale pensionamento è disciplinato da una norma che non ha espliciti riferimenti ai residenti all’estero e perciò anche in questo caso l’Inps non ha mai emanato regolamenti attuativi per i nostri connazionali. Sarebbe inoltre molto utile se l’Inps ci spiegasse come si applica il sistema contributivo ai residenti all’estero per i contributivi puri (senza versamenti prima del 1966) che possono andare in pensione di vecchiaia con soli 5 anni di contributi e devono spettare di avere 71 anni di età, o accedere alla pensione anticipata contributiva a 64 anni maturando un assegno pari a 3 volte il trattamento minimo, oppure 2,8 volte se sono donne con un figlio. Ma i diritti degli italiani all’estero sono troppo spesso dimenticati.

Fonte: Ufficio Stampa On. Fabio Porta

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