Torino, Manchester United, Chapecoense: le tre grandi tragedie del calcio mondiale
“Il calcio è una metafora della vita”, scriveva Jean Paul Sartre, filosofo e scrittore francese del novecento; probabilmente è questa la spiegazione del successo planetario di questo sport e della sua influenza su tanti aspetti della nostra vita, personale e collettiva. E di questo sport, il calcio appunto, l’amore per la propria squadra, il “tifo” – come in Italia abbiamo imparato a declinare questa passione – costituisce forse l’aspetto più intimo ma allo stesso tempo quello socialmente più rilevante.
Un altro grande scrittore dello scorso secolo, Edoardo Galeano, diceva: “Nella vita un uomo può cambiare moglie, partito politico o religione ma non la squadra del cuore”; il sottoscritto, sia detto per inciso, è rimasto fedele a tutti questi capisaldi e non intende rinunciarvi proprio adesso, ma sottoscrive in pieno l’affermazione dell’autore uruguaiano. Chi volesse approfondire questa avvincente riflessione sul suggestivo intreccio tra calcio e vita quotidiana e sul profondo significato esistenziale della ‘resilienza’ (nello sport come nella vita) non può perdersi la lettura del libro di Paolo Quaregna “Granata, Rosso e Verde – Torino, Manchester United e Chapecoense, il filo del destino” (Ed. Ultrasport, 2022), che partendo dal meticoloso e documentato racconto dei tre disastri aerei che accomunano le tragedie di Superga nel 1949, Monaco nel 1958 e Medellin nel 2016, ci racconta molto di più della drammatica fine delle squadre del Torino, del Manchester United e della Chapecoense.
A Superga, nei pressi di Torino, con quell’aereo si schiantò quella che forse è stata la più forte squadra della storia del calcio italiano; a Monaco di Baviera si infranse invece il sogno di un equipe di calciatori che probabilmente in quel momento erano la più forte compagine europea; a Medellin, infine, finì tragicamente la straordinaria parabola della squadra di un piccolo centro del sud del Brasile che dalla serie D era prodigiosamente arrivata nel giro di pochi anni alla serie A e quindi alla finale della Coppa Sudamericana. Paolo Quaregna, con uno stile letterario che rispecchia le sue grandi doti di regista e sceneggiatore cinematografico, ci accompagna lungo le oltre duecento pagine del libro, che si legge come un romanzo avvincente, in un viaggio che va al di là delle singole storie di queste tre squadre di calcio.
Le pagine di “Granata, Rosso e Verde” sono infatti una riflessione sul senso della vita e della morte, sulla capacità dell’uomo di affrontare e superare le situazioni più avverse, sull’amore incondizionato dei tifosi verso una squadra di calcio anche quando tutto sembra andare per il verso sbagliato e le vittorie non arrivano mai. Eppure i tifosi, come ci ricorda l’autore del libro citando un altro grande artista scomparso di recente, Franco Battiato, sanno “trovare l’alba dentro l’imbrunire” e quindi cadere sette volte ma alzarsi otto, come recita un noto aforisma giapponese.
Spero vivamente che “Granata, Rosso e Verde” possa presto divenire un film e che Paolo Quaregna ci faccia rivivere non soltanto la tristezza infinita associata a quelle tragedie, nelle quali persero la vita centoventicinque persone, ma anche le grandi gioie associate al tifo per le nostre squadre del cuore perché “tifare per una squadra significa sentirsi parte di una comunità, parola che, inopinatamente, è di uso sempre più raro. Significa – sono sempre parole dell’autore del libro – che per fare un cammino nella vita non ci bastiamo da soli, e cosa c’è di meglio che lasciarsi trascinare da quegli undici che lottano per loro ma anche per noi, per tenere viva un’idea, una tradizione?”
Fonte: