di Fabio Porta
A una settimana dalle elezioni italiane, ancora abbastanza vicine per una riflessione a caldo ma sufficientemente lontane per qualche prima considerazione a freddo, accolgo volentieri l’invito di GENTE D’ITALIA per sottolineare alcuni importanti aspetti emersi dal voto all’estero.
Anzitutto, mi sia consentito, vorrei evidenziare il successo del Partito Democratico in tutto il mondo: ci confermiamo come il primo partito tra gli italiani all’estero, eleggendo sette dei dodici parlamentari di questa Circoscrizione. Un successo, non soltanto del lavoro svolto in questi anni dal dipartimento italiani nel mondo ma soprattutto della costante attenzione del PD verso gli italiani che vivono lontano dai nostri confini nazionali, come anche del quotidiano lavoro di centinaia di volontari che sono l’ossatura dei circoli del Partito Democratico nel mondo.
In Sudamerica, ci confermiamo la seconda forza politica dopo il MAIE, passando dal 16% del 2018 ad una percentuale del 20,3%, superiore a quella del PD in Italia; voglio a questo proposito rivolgere uno speciale ringraziamento a tutti i candidati che sono stati fondamentali per questo successo. Emblematico il caso dell’Uruguay, dove il PD passa dal 13 al 45 per cento, con un successo personale di Filomena Narducci che ottiene in tutto il Sudamerica un significativo risultato. Un risultato ancora più emblematico se si considera che quest’anno all’Uruguay va il triste record della partecipazione più bassa in Sudamerica, il 22 per cento, dato sul quale pesa senz’altro la gravissima e già denunciata assenza di qualsiasi forma di divulgazione dell’appuntamento elettorale da parte della nostra Ambasciata, che ancora una volta si è distinta per inerzia, distrazione e indolenza. Se aggiungiamo che nelle prime elezioni all’estero del 2006 l’Uruguay fu il Paese che più votò al mondo e che in queste elezioni la sua percentuale è addirittura più bassa di quella del Venezuela (Paese colpito da una profonda crisi e con un notorio e crescente malfunzionamento del sistema locale di consegna dei plichi postali) il quadro diventa ancora più chiaro e per certi versi preoccupante.
Altro dato allarmante, che offusca in parte la soddisfazione di chi come me è stato eletto in Parlamento per rappresentare le nostre grandi collettività all’estero, è quello relativo al ripetersi (e in proporzioni ancora superiori al passato) di brogli elettorali che questa volta sono stati addirittura annunciati prima del voto e scoperti anche quando le operazioni elettorali non si erano concluse.
La denuncia sulle e-mails che a Buenos Aires invitavano qualche settimana prima delle elezioni a organizzare una vera e propria raccolta sistematica dei plichi elettorali da parte di un determinato partito; la scoperta in Venezuela di un’organizzazione che consegnava le buste elettorali non agli elettori ma a certi “rappresentanti” della collettività; infine il video propagandistico registrato in Uruguay dove per invitare a votare si utilizzavano le schede elettorali di un elettore al quale questo plico non era mai stato consegnato: si è trattato di fatti gravissimi nella loro fattispecie che non abbiamo mancato di denunciare alle autorità competenti. A tali fatti si è poi aggiunto “il broglio dei brogli”, quello che secondo me rappresenta il punto di non ritorno di un sistema che non è più in grado di garantire una elezione sicura e trasparente. Mi riferisco alle decine di migliaia di schede false, quelle con la scritta “DIPUTATI” a posto di “DEPUTATI”: un affronto alla democrazia e alla dignità del voto degli italiani all’estero, oltre che al buon senso e all’onestà. Paradossale e grottesco il fatto che coloro che anche in questa occasione avrebbero tratto un vantaggio da tale reato accusino gli altri di sabotaggio, come quel ministro che raccontava che la splendida residenza con vista sul Colosseo gli sarebbe stata regalata “a sua insaputa”!
Affidiamo al nuovo Parlamento e al nuovo governo queste riflessioni in chiaro-scuro, impegnandoci per quanto ci riguarda a fare il nostro dovere per evitare una volta per tutte il ripetersi di quei tanti, troppi, episodi che hanno rischiato di dare un colpo mortale a quella che invece dovrebbe continuare ad essere anche per gli italiani nel mondo una “festa della democrazia”.