Ridurre privilegi e costi della politica é sicuramente uno di quegli obiettivi che qualsiasi ceto politico dovrebbe perseguire, in Italia e nel mondo; si tratta di restituire l’arte della politica ai suoi valori originali e quindi piú nobili, relativi al servizio al prossimo e alla collettivitá.
Tale operazione, soprattutto quella di ridurre il numero dei legislatori, non dovrebbe essere svincolata da una complessiva riforma dell’ordinamento istituzionale e da una legge elettorale che garantisca la rappresentanza in Parlamento di tutte le realtá territoriali, anche quelle piú piccole e lontane.
In questo senso, la recente approvazione da parte del Parlamento italiano, di una riduzione di circa un terzo degli attuali parlamentari (630 deputati e 315 senatori) desta piú perplessitá che motivi di soddisfazione e compiacimento.
Tale “taglio”, infatti, non avviene contemporaneamente ad un auspicabile superamento del cosiddetto “bicameralismo perfetto”. Pochi sanno, ad esempio, che oggi in Italia Camera e Senato hanno identiche funzioni e uguale sistema di elezione; a parte il nome e il numero di parlamentari di ciascuna casa, cioé, si tratta di due pressocché assemblee identiche. Questo sí che duplica non solo i costi ma soprattutto procedure, dinamiche politiche e percorsi legislativi, appessantando il potere del Parlamento oltremisura.
Con riferimento alla rappresentanza parlamentare degli italiani nol mondo, poi, le perplessitá diventano davvero pesanti. Quando nel 2001 si riformó infatti la Costituzione, prevedendo una rappresentanza di dodici deputati e sei senatori in rappresentanza dell’estero, il rapporto eletto/elettore era sfavorevole del 70% rispetto ala popolazione residente in Italia (un eletto all’estero, cioé, rappresentava due terzi di elettorato in piú rispetto ai colleghi eletti in Italia). Oggi, con questo taglio, i parlamentari eletti all’estero diventerebbero dodici in tutto (otto deputati e quatro senatori), e ció a fronte del raddoppio negli ultimi dieci anni della popolazione residente all’estero (passata da 2milioni e ottocentomila a quasi sei milioni), e quindi con il serio rischio di marginalizzazione e insignificanza di questi legislatori.
Purtroppo una serie di fattori, non ultimo le scarsa qualitá e capacitá di alcuni eletti all’estero (nonché episodi di brogli e commistioni con la politica locale qui in Sudamerica), hanno fatto sí che si indebolisse in Parlamento e nelle istituzioni italiane le ragioni di chi al contrario sostiene che una forte rappresentanza delle nostre comunitá italiane nel mondo sia in grado di produrre un effetto positivo per l’Italia e il suo futuro di grande Paese anche grazie alla sua straordinaria presenza nel mondo.
Davanti a queto scenario, chi ricopre o ha avuto l’onore di ricoprire importante responsabilitá politiche e associative non puó e non deve scoraggiarsi, continuando a lottare per una democrazia meno costosa e piú efficiente ma al tempo stesso piú rappresentativa e rispettosa di tutti i suoi elettori, a a partire da quelli che vivono lontano dai confini nazionali.
(*) Sociologo, Presidente Patronato ITAL-UIL Brasile; ex deputato italiano eletto in Sudamerica