Roma, 5 maggio 2017 – Ufficio Stampa On. Fabio Porta
Come è noto a decorrere dal 20/12/2016, è entrata in vigore la Convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia e Cile (L. 03.11.2016, n. 212). Giova quindi ricordare che il nuovo accordo all’articolo 18, comma 1, prevede che: “1. Le pensioni e le altre remunerazioni analoghe pagate ad un residente di uno Stato contraente sono imponibili soltanto in questo Stato”, con applicazione del principio della tassazione esclusiva nel paese di residenza sia per le pensioni private (Inps) che per le pensioni pubbliche (ex-Inpdap). Il Cile si aggiunge quindi a quei pochissimi Paesi (tra i quali la Tunisia e l’Australia) convenzionati con l’Italia contro le doppie imposizioni fiscali dove vengono tassate esclusivamente nel Paese di residenza oltre che le pensioni Inps anche le pensioni dei dipendenti pubblici italiani (si tratta di una norma favorevole per i pensionati visto che le aliquote fiscali italiane sono solitamente più alte). Ma cosa devono fare i pensionati italiani residenti in Cile per evitare di essere tassati anche alla fonte e cioè in Italia? Ce lo ricorda l’Istituto previdenziale italiano in un suo recentissimo Messaggio indicando che i beneficiari di pensioni erogate dall’INPS considerati residenti fiscalmente in Cile, ai sensi dell’art. 2, comma 2, del TUIR (DPR 917/86), possono richiedere all’Istituto, in qualità di sostituto d’imposta, l’esenzione dall’imposizione fiscale della prestazione in Italia, inviando alla struttura territoriale INPS competente l’apposita istanza tramite apposito modello multilingue di richiesta (mod. EP/I), disponibile alla sezione Modulistica/Convenzioni Internazionali del sito istituzionale dell’Inps, completo dell’attestazione della residenza fiscale estera rilasciata dall’Autorità fiscale cilena, in modo tale da evitare una doppia tassazione e rimanere così assoggettati al solo Fisco cileno. E’ ovvio che questi ultimi soggetti non pagando più l’Irpef in Italia non potranno avere diritto alle detrazioni per carichi di famiglia anche se producono almeno il 75% del loro reddito complessivo in Italia. Ricordiamo che l’art. 2, comma 2, del TUIR stabilisce che ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti in Italia le persone che per la maggior parte del periodo di imposta (183 giorni) sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile. Infine voglio sottolineare con rammarico che ci sarebbero molti più pensionati italiani residenti in Cile se l’Italia si decidesse a ratificare l’accordo di sicurezza sociale che è in “sala d’aspetto” dal 1998; l’accordo consentirebbe a migliaia di italiani e cileni di poter finalmente utilizzare la contribuzione versata nei due Paesi per ottenere il sacrosanto diritto ad una prestazione pensionistica.