14 NOVEMBRE 2016
Con la puntualità dei galli al levar del sole, con l’approssimarsi del voto referendario si sta sviluppando l’ennesimo attacco al voto dei cittadini italiani residenti all’estero. La virulenza delle posizioni delle forze politiche e associative e, soprattutto, di alcuni organi di stampa, tutti schierati nel fronte del No, induce a parlare, tout court, di un attacco generalizzato contro gli italiani all’estero e i loro diritti fondamentali, che trova una prevedibile e quotidiana amplificazione nei social network.
È stato così nelle prime elezioni con la circoscrizione Estero nel 2006, quando Berlusconi e il centrodestra tentarono di delegittimare per mesi il voto favorevole a Prodi e alle liste dell’Unione; comprensibilmente i toni si sono abbassati nel 2008 quando l’esito elettorale ha arriso al centrodestra; l’attacco si è riacceso nel 2013 quando i voti dall’estero hanno reso il PD il primo partito; è riesploso nel 2014 con riferimento al calcolo del quorum di validazione del cosiddetto “referendum sulle trivelle”; sta toccando toni parossistici in vista del referendum del 4 dicembre e a seguito dell’appello, firmato da Matteo Renzi non come Presidente del consiglio ma come leader politico, che il Comitato per il Sì ha inviato agli elettori. Insomma, gli italiani all’estero si possono ignorare e magari sopportare se votano per il centrodestra e se si collocano nello schieramento antigovernativo, diventano un insostenibile vulnus del sistema democratico se scelgono e pesano come qualsiasi altro cittadino italiano.
I capi d’accusa, sollevati dal quel procuratore generale del (lucroso) processo permanente all’Italia che è Marco Travaglio, sono tre: il voto per corrispondenza, i brogli evidenziati dalle schede nulle, le mance date dal Governo Renzi agli italiani all’estero per catturarne il consenso.
Sul voto per corrispondenza si è spolverata una nota vecchia di tre anni di un funzionario del MAE che rappresentava i noti punti di criticità di quel sistema di voto, già sollevati in ambito parlamentare all’indomani delle consultazioni del 2006 e periodicamente riproposti. Il “procuratore” si è però dimenticato di dire che nella passata legislatura e in questa l’unico gruppo che ha presentato proposte di legge per mettere in sicurezza il voto all’estero e tutelarlo come strumento dell’”effettivo” esercizio di un diritto di cittadinanza, come la Costituzione richiede all’art. 48, è quello del PD, in primis degli eletti nella circoscrizione Estero.
Sull’entità delle schede nulle sempre il “procuratore”, nella sua furia giustizialista e da orecchiante della materia, non sa che, senza trascurare possibili fenomeni di manipolazioni, bloccati in sede di scrutinio, ciò è dovuto proprio ad una clausola di garanzia che porta a mettere nella busta della scheda il codice elettorale dell’elettore, destinato invece alla busta di trasmissione della prima.
Circa l’offa che Renzi nella legge di Bilancio avrebbe lanciato agli italiani all’estero per averne il voto (che inimitabile eleganza questa rappresentazione delle comunità descritte come branchi di cani famelici!) si fa il caso dei 150 milioni in quattro anni per la promozione della lingua e cultura italiana nel mondo finalmente inseriti nella proposta di Bilancio 2017 dall’attuale governo e dei 3-4 milioni dei proventi della tassa di cittadinanza, di cui si chiede la destinazione al funzionamento degli uffici consolari che l’hanno percepita, una misura oggetto di un nostro emendamento che dovrà essere vagliato nei prossimi giorni. La lingua e la cultura, che in otto anni hanno subito una decurtazione di risorse del 70%, e i servizi consolari, a loro volta ridotti per l’eliminazione di circa sessanta sedi consolari e per la riduzione di personale, come lacerti di carne sanguinolenti gettati ai cani. E gli italiani all’estero come un popolaccio pronto a vendere per qualche decina di euro il proprio voto. Non ci sono parole, c’è solo da rabbrividire per la rozzezza e la volgarità con cui si affrontano alcuni temi strategici della presenza dell’Italia nel mondo.
Il vero problema – e qui si torna alla questione nodale, la riforma costituzionale – è quello della circoscrizione Estero, l’indigeribile circoscrizione Estero per tutti coloro (dai “saggi” all’ex ministro Quagliariello, dagli esponenti della Lega e Forza Italia a quelli dei 5Stelle) che nel lungo iter della riforma ne hanno chiesto l’eliminazione. L’averla confermata nella riforma costituzionale rappresenta non una sua semplice difesa, ma una nuova e più forte legittimazione, tanto più che i suoi rappresentanti sono confermati nella Camera che assume le decisioni fondamentali dello Stato.
Sia pure con la profonda amarezza di dover constatare il livello del confronto che li riguarda, gli italiani all’estero sono chiamati non solo a dare una mano da lontano al rinnovamento dell’Italia, ma anche a riaffermare i loro diritti di cittadinanza, che sono non un’imbarazzante ridotta corporativa ma un aspetto essenziale della qualità della democrazia italiana.
I deputati del PD Estero: Farina, Fedi, Garavini, La Marca, Porta, Tacconi