Roma, 20 maggio 2010.
L’interrogazione urgente da noi presentata, assieme ad un nutrito gruppo di colleghi di diverso orientamento politico, a distanza di un anno da un’altra di tenore analogo sulla facoltà della donna di trasmettere la cittadinanza ai propri figli anche se l’ha perduta per il matrimonio con uno straniero, ha consentito finalmente di sciogliere alcuni nodi e di dare un concreto scossone all’inerzia del Governo.
Un anno fa ci si rispose che effettivamente il pronunciamento della Cassazione n. 4466 del 25 febbraio 2009, con il quale era superata l’odiosa discriminazione a scapito delle donne, rappresentava un traguardo importante e atteso, i cui effetti, però, gli interessati potevano conseguire solo imboccando la costosa e lunga strada della giurisdizione e non quella, più comoda e meno costosa, dell’amministrazione. Il Governo s’impegnò anche a trovare una soluzione, ma ad oggi non è accaduto niente di concreto.
La nostra iniziativa ha consentito finalmente di interrompere la latitanza dell’esecutivo. Il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio on. Laura Ravetto, che ha risposto all’interpellanza, ha detto in sostanza cinque cose di non poco peso: 1) il pronunciamento della Suprema Corte è da condividere pienamente e deve essere applicato con convinzione; 2) per poterne trasferire gli effetti sul piano amministrativo è necessaria una soluzione normativa che rimuova le remore procedurali (manifestazione di volontà da parte della donna) contenute in alcuni passaggi della legge n. 91 del 1992; 3) i ministeri dell’Interno e degli Esteri avevano concordato una soluzione normativa che doveva essere inserita nel cosiddetto Decreto Mille Proroghe e che poi è rimasta per strada; 4) ci si propone ora di inserirla nel decreto, alla Camera per la conversione, che sciaguratamente proroga – tra l’altro – di altri due anni la vita di COMITES e CGIE; 5) la possibilità di presentare istanza di riconoscimento per nascita è limitata ai figli e ai discendenti in linea retta non oltre il secondo grado.
La nostra risposta a questi punti è altrettanto chiara: 1) siamo contenti che il Governo apprezzi il pronunciamento della Cassazione, ma non comprendiamo bene perché abbia dovuto attendere le ripetute sollecitazioni dell’opposizione per affrontare la questione; 2) si è perduto un anno per decidere che era necessaria una soluzione normativa, ma almeno alla fine si è fatta chiarezza; 3) e 4) è ancora inspiegabile, se non per quella permanente sottovalutazione delle cose che riguardano gli italiani all’estero, perché questa soluzione non abbia trovato spazio nell’Arca di Noè del Milleproroghe, ma ora che cosa si aspetta? La legge di conversione del Decreto è stata licenziata ieri dalla Commissione Esteri senza che il Governo si sia fatto vivo su questo tema; 5) la limitazione ai due gradi di ascendenza per il riconoscimento della cittadinanza per nascita è certamente un tema di cui si parla da tempo e che presto o tardi va affrontato, ma perché inserirlo surrettiziamente in una misura che dovrebbe avere la finalità di riconoscere finalmente annosi diritti e non di limitarli. Perché non affrontare seriamente questa questione insieme alle altre pendenti sulla cittadinanza degli italiani all’estero, ad iniziare dal recupero della cittadinanza da parte di coloro che, nati in Italia, l’hanno perduta per ragioni di lavoro in altri Paesi? E perché non iniziare a sgombrare le macerie lungo la strada risolvendo al più presto il cancrenoso problema delle centinaia di migliaia di domande in giacenza, in particolare in Brasile?
In conclusione, mentre sollecitiamo il Governo a passare dalle parole ai fatti, secondo gli intendimenti autonomamente dichiarati in risposta alla nostra ulteriore sollecitazione, ci dichiariamo già da oggi pronti ad assumere anche direttamente le iniziative normative necessarie per dare finalmente soddisfazione a chi ne ha diritto.
I deputati Gino Bucchino – Fabio Porta