di Fabio Porta
Ogni data commemorativa, che sia una festa nazionale o una giornata internazionale dedicata ad un tema specifico, può costituire un’importante occasione di riflessione propositiva oppure limitarsi ad uno stanco esercizio retorico.
Vale lo stesso per la giornata dell’immigrazione italiana in Brasile, istituita nel 2008 per rendere omaggio alla grande epopea della presenza italiana nella data in cui si ricorda lo sbarco a Vitoria (ES) del transatlantico “Sofia” con a bordo alcune centinaia di famiglie provenienti dal nord Italia.
Le dimensioni di queste fenomeno storico non possono passare inosservate: si tratta della più grande immigrazione straniera in Brasile e della più grande emigrazione italiana nel mondo!
Quantità ma anche (direi soprattutto) qualità: nel corso di oltre un secolo l’immigrazione italiana in Brasile ha contribuito in maniera determinante alla storia del più grande Paese del Sudamerica sotto tutti gli aspetti, culturali e sociali, politici ed economici. Dopo la prima fase dell’immigrazione, a cavallo tra l’ottocento e il novecento, segnata dal sacrificio e dall’eroismo di famiglie che affrontarono condizioni oggi inimmaginabili e difficoltà di ogni natura, già nei primi anni del secolo scorso gli italiani si distaccarono per capacità e creatività. Le prime organizzazioni dei lavoratori ma anche le prime associazioni imprenditoriali sono segnate in maniera determinante dall’arrivo degli immigrati italiani; il mondo del commercio e l’artigianato si svilupperanno in Brasile grazie all’esperienza portata dai nostri antenati che all’epoca affrontavano lunghe e spesso avventurose traversate dell’oceano. Ma anche la musica e lo sport, l’arte e la politica subiranno in maniera positiva e feconda l’influenza della cultura italiana. Basta pensare a musicisti come Adorinan Barbosa (nome d’arte di Joao Rubinato) o alla fondazione di club sportivi come il “Palestra Italia”, ad artisti consacrati mondialmente come Candido Portinari o a imprenditori come Randon e Bauducco.
Per fare sì che questa commemorazione sia un momento rivolto non soltanto al passato ma anche al futuro è importante la mobilitazione e l’impegno quotidiano di tutta la comunità italiana del Brasile, a partire dai suoi rappresentanti negli organismi democraticamente eletti: i Comitati degli italiani all’estero (Comites), il Consiglio Generale degli italiani all’estero (Cgie) e il Parlamento. La loro responsabilità è grande, proprio perché nella loro condizione privilegiata di italiani residenti in Brasile possono interfacciarsi con le autorità istituzionali dei due Paesi per difendere ma anche valorizzare la grande eredità che questa storia ci ha lasciato. Un lascito che può generare progetti e iniziative in grado di favorire non soltanto lo sviluppo delle relazioni tra queste due grandi nazioni ma anche la crescita complessiva delle economie di entrambi gli Stati (scommettendo insieme sulla necessaria e auspicata ripresa del post-pandemia).
Il nuovo capo del governo italiano, Mario Draghi, nel suo discorso programmatico di fronte al Parlamento, si è rivolto così a deputati e senatori: “Dobbiamo essere più orgogliosi, più giusti e più generosi nei confronti del nostro Paese e riconoscerne i tanti primati, tra cui la profonda ricchezza del nostro capitale sociale e del nostro volontariato, che altri ci invidiano.” Gli italiani nel mondo sono a pieno titolo una componente essenziale di questo “capitale”, un patrimonio del quale noi tutti dovremmo essere orgogliosi. La commemorazione del 21 febbraio deve servire anche a questo: ad essere giustamente orgogliosi di questa storia.
Fabio Porta è sociologo, Coordinatore del Partito Democratico (DP) in Sud America, due volte deputato, eletto dalla Circoscrizione straniera al Parlamento italiano. Autore di numerose pubblicazioni e articoli per giornali italiani e stranieri, è Presidente del Patronato Ital-UIL del Brasile e dell’Associazione di Amicizia Italia-Brasile; Vice Presidente dell’ICPE (Istituto per la Cooperazione con i Paesi Esteri) e Vice Presidente dell’Associazione Focus Europe.